L’articolo analizza le trasformazioni intervenute nella pubblica amministrazione italiana nell'ultimo decennio, evidenziandone i contrasti con gli altri paesi dell'Unione Europea. Il lavoro delinea un quadro teorico che analizza l’interazione tra le forze che alimentano la crescita burocratica e i meccanismi di contenimento. I risultati principali sottolineano un calo significativo dell’occupazione pubblica, un ricambio generazionale disomogeneo che innalza gli standard educativi e la femminilizzazione della forza lavoro, seppur con una persistente segregazione occupazionale. L’Italia ha quasi un milione di dipendenti del settore pubblico in meno rispetto alla media dell’UE, con una spesa pubblica inferiore di oltre 200 milioni di euro e stipendi reali in calo dell’8,9% dal 2013. Questo ridimensionamento mina settori critici come la sanità e l’istruzione, esacerbando una crisi di cittadinanza e incidendo in modo sproporzionato sui lavoratori a reddito medio che dipendono dai servizi del welfare state.